A luci spente, correvo. Stavo precipitando inerme in un abisso da me architettato, ma mai realmente costruito. Osservavo la mia caduta, poi improvvisamente mi rialzavo. L’istinto di perdermi è conservato in un cassetto troppo esposto per non poter essere notato. A luci spente, correvo. C’era silenzio attorno, un silenzio ancor più fragoroso e terribile di mille colpi di cannone. Continuavo a correre, finchè l’anima..prosciugata d’ogni linfa, si ferma, così come si fermerebbe il battito di un cuore prossimo alla dipartita…capo chino. Rifletto. Apro quel che resta dei miei occhi, tormentati, zuppi, esausti. Non posso che ritornare spettatore dell’ennesimo segno, l’ennesima goccia che sgorga da quel’unica sorgente d’emozione: rialzo la testa, è lí di fronte a me. Non mi resta altro da fare che contemplare il fascino del mistero ed insieme con esso la meraviglia della realtà. Ho guidato per due ore, per ritrovarmi in una via sconosciuta, al civico numero 7. Ognuno di noi attende dei segnali. Ho raccolto la mia anima lì dove giaceva, tamponato le sue ferite, ho cucito intorno ad essa la speranza di potersi sollevare, l’ho riportata a casa, agonizzante ma salva. È la vita che mi sceglie. Ho scritto 7 pagine, inscatolato la coscienza, ho accennato un sorriso, atteso i vespri e poi osservato un altro, assai più prezioso, sorriso. Ognuno di noi attende dei segnali.