L’ermellina Peggy Sue vide Zampa di velluto piangere in mezzo alla strada e gli andó incontro. “Sai che è raro vedere un gatto piangere?” – gli sussurró tutta sulle sue…”per giunta un micione bello, grande e grosso come te”. “Mi hanno strappato le unghie di una zampa..ed è come se mi avessero portato via ogni forza residua” – sbottó il felino quasi indispettito da un tale senso di compassione. “Dai, alzati e togliti dalla strada – continuó Peggy – qua da un minuto all’altro di schiacciano come una sogliola. Vieni con me. Mettiamoci a sedere. Ho io una soluzione per i tuoi problemi. Mi piace dispensare rimedi. Ecco qui – tirando fuori dalla pelliccia una grossa pinza – dammi l’altra zampa”. “Cosa hai intenzione di farmi? – disse preoccupato il gatto – non ha un aspetto confortante quell’aggeggio…”. “Fidati di me – rispose l’ermellina, sfoggiando una delle sue proverbiali espressioni intelligenti di quando si ha cognizione delle cose – non ti faró del male”. Al suono di queste parole, Zampa di velluto fece qualcosa che mai un felino delle sue dimensioni ed attitudini avrebbe mai osato fare. In uno slancio di fiducia, tese l’arto non offeso verso quell’agglomerato di pelliccetta bianca e soffice e con un filo di voce esclamó: “ecco a te”. Peggy Sue non ebbe un attimo di esitazione. Armó la sua potente pinza e prima che il gatto potesse realizzare quanto stesse accadendo, strappó con decisione e di netto un’unghia del felino. “Ma che diamine fai? – urló il povero micio ancor più agonizzante – me ne restano la metà..e me ne porti via persino un’altra?…guarda che quella mi serviva per affrontare l’asprezza della vita!”. L’ermellina lo fissava, con lo sguardo distaccato ma lucido. Continuava a serrargli la zampa…e non esitó, con un movimento rapido ed efficace, a strappargliene ancora un’altra ed un’altra ancora. “No! – gridava il felino inerme – quelle mi servivano per difendermi dalla cattiveria delle persone e dalla amarezza delle delusioni!”. Peggy continuava a fissarlo senza proferire parola, ma portando a termine la sua macabra e violenta missione, fino a privarlo di tutti gli artigli. “Ecco fatto – esclamó soddisfatta al termine della sua opera – adesso non puoi più fare del male, nè a te stesso, nè agli altri, sei contento? Ti ho fatto un favore, dovresti essermi riconoscente”. “Quelle non erano armi per attaccare – sentenzió singhiozzando il micio – ma solo strumenti per difendermi. Adesso come faccio?”. “Pensa alla parte positiva – gli rispose l’ermellina – così almeno non avrai voglia di cacciarti nei guai..anzi te ne guarderai bene e gli resterai a distanza”. I due rimasero a fissarsi senza aprir bocca per diversi, lunghi minuti, quando ad un tratto Peggy gettó via la pinza, accarezzó con dolcezza il morbido pelo del micio, asciugó le sue lacrime, lo guardó nuovamente dritto negli occhi e disse: “Adesso devo andare. Ricordati che mi devi una cortesia”. E se ne andó. “Ci rivedremo?”, domandó Zampa di velluto. Peggy si voltó, sorrise ed esclamó: “puoi scommetterci”. Da quel giorno il gatto non potè più arrampicarsi da nessuna parte, ma scoprì di avere un’arma ben più forte delle sue unghie per affrontare i pericoli: la forza del suo cuore. E fu con questa forza interiore che cominció a vivere davvero, aspettando nuovamente di incontrare quella dolce e complice Peggy Sue…meritevole, nonostante l’apparenza di un gesto violento, utile ma non ingannevole, d’avergli salvato la vita.