È una discesa rapida a portarmi giù. Impiego un tempo infinito per fare appena qualche passo verso l’alto, per respirare qualcosa che abbia parvenza d’essere ossigeno, per prendere una sana boccata d’aria, per alimentare quella linfa che nel bene e nel male ha il compito ed il piacere di scorrere nelle mie vene..e pùff. È sufficiente un secondo per precipitare giù, lungo le pareti scoscese della sfiducia, ruzzolare ed essere scaraventato nel baratro…che poi la luciditá della constatazione lo renda un abisso è un altro paio di maniche. Intanto è una profonda e ripida depressione del terreno friabile che calpesto. Mi risveglio tramortito, viene fuori il sole, controllo l’inventario dei miei attrezzi, frugo le mie tasche, verifico che la caduta non abbia procurato permanenti danni alla mia mente. Respiro? Pulsazioni? Cerotti? Finiti. Mi rialzo in piedi per accertarmi che le mie gambe rispondano. Sento una musica. Quella metà d’energia che mi compete ed appartiene ricomincia a fluire. Occorre una lettura del contatore aggiornata. Ma che succede?..ora rammento..era tutto così tranquillo, silenzioso..poi all’improvviso un minimo movimento dei blocchi a strati di neve sotto i miei scarponi e…un boato! Poi non ho capito più nulla. E adesso?..son di nuovo desto?… La valanga mi ha travolto, ma senza seppellirmi..forse per questo sono ancora vivo. Oppure no?..è solo un altro sogno e..magari non esisto più..e chi riesce a percepire la differenza?