Quando ti manca davvero qualcuno, la prima cosa che fai è reprimere istantaneamente ogni freno inibitorio, lasciandoti trascinare dall’istinto, quello autentico, incontaminato. Anche le parole che ti escono di bocca o che attraversano l’etere sotto forma di text message potrebbero tranquillamente far parte dello striminzito ma alquanto efficace patrimonio linguistico di un bimbo di non più di sette anni. È così che funziona…e con ogni probabilità questo quadro si arricchisce di sfumature ancor più variopinte allorché i tuoi passi si allontanano lentamente ma inesorabilmente da quest’isola nell’isola. Quando un siciliano mette il naso fuori dalla sua terra vive sempre quella emozionante dicotomia che da un lato lo spinge sempre più lontano, alla ricerca di qualcosa che lo stupisca, rapisca e che lo faccia perdere nella totalizzante convinzione che esiste un mondo là fuori che lo aspetta a braccia aperte (senza il proposito di divorarlo) e che gli promette inenarrabili soddisfazioni in confezioni maxi…dall’altro, ahimè, la verità che riesco a fatica ad ammettere è che già quando senti il motore del Caronte Tourist accendersi e l’odore del petrolio mescolarsi con la brezza del mattino pregna di salsedine, il tuo cuore già comincia a sfarfallare come uno sterzo in curva, mettendoti in guardia sul tuo reale bisogno o meno di cambiare aria. La risposta a questo interrogativo è comunque “si”, perché il siculo è testardo e guai se i progetti non si configurano esattamente per come li ha immaginati nei suoi trafficati ingorghi mentali, in cui i sogni hanno sempre il pass-residenti, ma in cui anche il perfido servizio d’ordine della Polizia del Raziocinio è capace di mettere tutti in riga…e, badate bene, non esistono semafori: solo infinite e complicate rotatorie. Circonferenze, tondi, circoli, cerchi e se-mi-cerchi sono sempre altrove. Lo sa anche il fisico che, evidentemente debilitato (“destabilizzato” mi fa antipatia in questo periodo) da tutto quello stress sfogato sui pneumatici e su centinaia di chilometri, reagisce spedendoti a letto con la febbre a trentanove, due lineette e mezzo. E sottolineo e mezzo. The deteinato e riso in bianco, come si potrebbe festeggiare il post-ponte-pasquale meglio di così? Mi manca la cucina siciliana, quella dei biscotti, delle parmigiane, delle torte e dell’amore “sbrizziàto” in ogni minuto trascorso con le mani e gli occhi tra i fornelli..e col cuore altrove. Ma non lontano. Il riso qui abbonda nella bocca degli influenzati. Ho bisogno di Thè.
Pure iooooo
..ma quannu mai… a’zìttiti docu….