Non distraètemi se il cibo che sto gustando è sublime, perchè tanto i 7/8 (quasi l’88% in dialetto non frazionese) della mia attenzione sono catturati dal cibo. Sorpresa riuscita. Riuscire a sorprendersi è sorprendente, ancor di più del riuscire a sorprendere. Ecco un altro dono che son certo di aver ricevuto. L’incandescente e giocoso saltellare dell’anima custodisce un propòsito unico, il poter sperimentare ogni giorno tutta la bellezza che abbiamo intorno. Naufragare tra venti impetuosi, distanze illimitate, deliri senza tempo…rende ogni istante straordinario, non solo per il suo immenso valore intrinseco, ma anche per l’intuizione che tale attimo porti con sè la promessa di un’attesa ancora più dolce: l’istante successivo…e quello dopo ancora..e ancora e ancora…come una catena danzante, come un cerchio di stelle, come le orme leggère dei passi di un ispirato cammino, come le correnti del mare, che gelide o calde si cercano, si abbracciano e si scontrano nell’irrequietezza spontanea di quelle nature talmente diverse e tuttavia così attraenti l’una per l’altra. I colori diventano armonie scevre di confusione, melodìe incalzanti, vivaci bolle di sapone che si inseguono in aria, leggere ed impalpabili come il messaggio che portano dentro. Desidero la consistenza del loro spirito, perchè in veritá bramo la semplicità delle sensazioni pure, come quando mi arrampicavo sugli alberi. Fisso un cesto di gelsi e penso a quanto fossi ridicolo tutte le volte in cui mi affannavo nel cercare di apparire diverso da ció che in realtà sono. Invece non esiste splendore più nutriente che accorgersi di essere sè stessi. La mia libertà è una meravigliosa indisciplina quotidiana, essere sicuro di me stesso è una scintilla iniettata di sorrisi che non si rifugia nell’angolo più remoto di una caverna, ma mira a dar vita al fuoco più sfavillante che abbia mai illuminato le tenebre, fino a costringerle a correre lontano impaurite e sopraffatte. E intanto quelle bolle di sapone restano in volo …sospinte dalle raffiche, dalla brezza, dalle folàte, dagli aliti, dal soffio, prendi pure in prestito il sinonimo che vuoi, ma il più bello resta sempre quello del mio dialetto: “ciatu“…e sono i ciàti, i venti di metà autunno a trascinarle via.